Il report "Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e PNRR", mira ad approfondire i bisogni di salute nelle aree interne del Paese a partire dal difficoltoso accesso alle cure causato anche dalla desertificazione sanitaria, e di come, le risorse previste dal PNRR, possano rappresentare una incoraggiante risposta ai bisogni delle comunità locali.
Le aree interne, nonostante risultino caratterizzate e provate dalla carenza di molteplici servizi, soprattutto negli ambiti di scuola, sanità e mobilità, nonché dall'indebolimento demografico, costituiscono una parte peculiare e viva del nostro Paese: rappresentano circa il 53% dei Comuni italiani (4.261), ospitano il 23% della popolazione italiana, pari a oltre 13,54 milioni di abitanti, ed occupano una porzione del territorio che supera il 60% della superficie nazionale. Limitatamente ai bisogni di salute delle comunità delle aree interne, è indubbio che la questione sanitaria abbia rappresentato, negli anni, uno dei fattori di storico divario delle aree interne.
Da Bolzano a Reggio Calabria, la carenza di operatori del SSN attraversa tutta l'Italia, e le due realtà agli antipodi dello Stivale risultano essere, su 5 categorie di professionisti individuati come benchmark, in ben tre casi le province italiane con una delle sproporzioni più marcate tra personale sanitario e popolazione target di riferimento. In particolare, sono 9 le Regioni maggiormente interessate dal cosiddetto fenomeno dei "deserti sanitari".
Sempre nell'ambito del progetto europeo AHEAD, è stata inoltre prodotta una mappa online con informazioni, per ciascuna provincia, su alcune categorie di professionisti sanitari impegnati negli ospedali pubblici (ginecologo ospedaliero, cardiologo ospedaliero e farmacista ospedaliero) piuttosto che nelle cure primarie (medico di base e pediatra di libera scelta).
L'analisi ha utilizzato dati ufficiali forniti dal Ministero della Salute relativi all'anno 2020, riguardo alle seguenti figure sanitarie: pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, cardiologi e farmacisti (questi ultimi tre ospedalieri) per ciascuna provincia italiana.
L'ostacolo maggiore è stato rappresentato dalla totale mancanza di questi dati per alcune altre importanti categorie professionali e non è stato possibile ricevere informazioni ad un livello di accuratezza superiore ovvero a livello comunale perché non esistono.
Le tabelle riportate nel rapporto indicano le dieci province italiane con le sproporzioni più marcate nel rapporto persone/personale sanitario.
In sintesi, dall'analisi di fonti ufficiali (Eurostat 2020 per la popolazione, Ministero della Salute 2020 per numero di professionisti) e con riferimento alla top ten delle province, per ciascuna delle cinque figure professionali citate, emerge che in almeno 39 province, quindi abbondantemente un terzo delle province italiane, si palesa un marcato squilibrio, con due province (Bolzano e Reggio Calabria, agli estremi dello Stivale quasi a sottolineare come il fenomeno dei deserti sanitari attraversi tutta l'Italia) che denotano contemporaneamente ben 3 carenze, ed ulteriori sette province (Alessandria, Brescia, Caltanissetta, Como, Cosenza, Macerata, Viterbo) che palesano due carenze.
Nello specifico: farmacisti ospedalieri dove lo squilibrio maggiore tra numero di professionisti e target di riferimento lo si registra nelle province di Reggio Emilia (1 ogni 264.805 persone), Campobasso (1 ogni 108.681) e Reggio Calabria (1 ogni 75.852), di contro il rapporto migliore a livello nazionale (1 ogni 9.883) lo si registra nella provincia di Forlì-Cesena.
Cardiologi ospedalieri dove lo squilibrio maggiore tra numero di professionisti e target di riferimento lo si registra nelle province di Bolzano (1 ogni 224.706 persone), Potenza (1 ogni 105.789) e Crotone (1 ogni 72.172), di contro il rapporto migliore a livello nazionale (1 ogni 3.147) lo si registra nella provincia di Pisa; ginecologi ospedalieri in cui lo squilibrio maggiore tra numero di professionisti e target di riferimento lo si registra nelle province di Caltanissetta (1 ogni 40.565 donne), Macerata (1 ogni 18.460) e Reggio Calabria (1 ogni 9.992), di contro il rapporto migliore a livello nazionale (1 ogni 2.292 donne) lo si registra nella provincia di Roma.
Le diseguaglianze territoriali non sono necessariamente tra Nord e Sud, ma anche tra province della stessa regione: in tema di farmacisti ospedalieri la situazione in provincia di Reggio Emilia è rispettivamente 20 e 26 volte peggiore rispetto a chi vive nelle vicine province di Modena e Forlì-Cesena. Parlando di ginecologi ospedalieri, la situazione in provincia di Caltanissetta è 17 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Roma. Considerando invece i cardiologi ospedalieri, la situazione nella Provincia Autonoma di Bolzano è addirittura 71 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Pisa.
Tenendo presente le 39 province dove gli squilibri sono più marcati, primeggiano Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi, Milano) e Piemonte (Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli) con sei province, seguite dall'intero Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Udine, Trieste) e dalla Calabria (Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia) con quattro province. Seguono Veneto (Treviso, Venezia, Verona), Liguria (Imperia, La Spezia, Savona) ed Emilia Romagna (Parma, Piacenza, Reggio Emilia), con tre province a testa, Trentino Alto Adige (entrambe le province autonome di Bolzano e Trento) e Lazio (Latina e Viterbo) con due province.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Regolamento per la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (DM 77) e la sottoscrizione dei Contratti istituzionali di sviluppo (CIS) tra il Ministero della Salute e ciascuna Regione e Provincia Autonoma, sono stati raggiunti due importanti traguardi previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per rendere sempre più efficace il nostro Sistema Sanitario Nazionale, con l'obiettivo di garantire equità di accesso alle cure, nonché rafforzare la prevenzione ed i servizi sul territorio.